La frisa salentina: ecco alcune curiosità

La frisa salentina: ecco alcune curiosità

Staff Corte del Salento Staff Corte del Salento 21 Giugno 2017 Salento & Dintorni

 

La sua lunga storia affonda le radici nella mitologia e in quella tradizione popolare legata all’alimentazione, che prevedeva la conservazione per lungo tempo dei prodotti da forno.

La frisa salentina, tra Leggenda e storia

Stando a una leggenda, la ricetta della frisella fu portata in Italia da Enea, quando l’eroe cantato da Virgilio nell’Eneide sbarcò sulle coste salentine di Porto Badisco. Tuttavia, secondo fonti storiche documentate, le prime notizie delle “friseddhe” si hanno al tempo delle Crociate, quando i cavalieri, che salpavano dai porti pugliesi alla volta della Terra Santa, si servivano di questo prodotto a basso costo e dalla lunga conservazione, commestibile non appena bagnato in acqua e ideale per le faticose traversate.

Per questo motivo la frisa è nota come “pane dei Crociati“, anche se si tratta di un biscotto (ovvero, cotto due volte) di farina di grano duro o di orzo. Col tempo, nonostante la sua origine popolare, fino al primo dopoguerra la frisella di farina era un’esclusiva delle famiglie benestanti, a differenza di quella di orzo che, invece, compariva più spesso sulle tavole contadine.

Infine, è nella modalità con cui si gusta la “friseddha” che va ricercata la sua etimologia: in latino, “fresa” indicava proprio l’atto di sbriciolare e macinare, tipico della frisa dopo essere stata bagnata in acqua di mare, come usavano fare i pescatori.

Come si prepara la “friseddha”

Le modalità di preparazione della frisa rendono improprio parlare di pane biscottato. Infatti, è più corretto chiamarla tarallo, dato che si ottiene dalla lievitazione di un impasto (in salentino “lu lavatu”) di farina oppure di orzo, sale e lievito, lavorandolo a mano fino ad ottenere una spirale con un buco al centro e poi infornandolo.

In seguito, ancora caldo, l’impasto va spaccato a metà in senso orizzontale con uno spago e i pezzi ottenuti vengono cotti nuovamente per eliminarne i residui di acqua. Per quanto riguarda la conservazione, se in passato si usavano le “capase”, dei recipienti in terracotta, oggi si predilige il classico sacchetto di plastica, tenuto in un luogo preferibilmente fresco e asciutto.

Alcune ricette per gustarla

In quanto “piatto povero” e anche semplice da preparare, non è solo un prodotto estivo ma può essere gustato in ogni stagione: la frisella, infatti, è considerata un cibo da viaggio o da consumare come spuntino in vari momenti della giornata.

Il segreto della ricetta classica sta nel bagnarla sotto l’acqua fredda: la “sponzatura” può durare da pochi secondi a un minuto, a seconda del grado di morbidezza che si gradisce, ma facendo attenzione ad evitare che si sfaldi troppo.

In seguito, la si condisce con pomodorini strofinati sopra o tagliati a pezzettini, olio extravergine di oliva, sale e origano (o in alternativa dell’aglio). Tuttavia, sono ugualmente saporite le varianti a base di peperoni, cacioricotta ma anche alici, tonno e altri prodotti tipici delle zone di mare: ad ogni modo, la frisa può essere condita a proprio piacimento, inventando ogni volta una ricetta diversa che gratifichi il gusto di ognuno ed esalti anche la stagionalità dei vari condimenti.