“Li panari salentini”: l’arte dell’intreccio

“Li panari salentini”: l’arte dell’intreccio

Staff Corte del Salento Staff Corte del Salento 12 Aprile 2016 Salento & Dintorni

L’artigianato è una di queste: cartapesta, pietra leccese, ferro battuto, terracotta e ceramica diventano capolavori nelle mani sapienti degli artigiani, custodi di lavorazioni da conservare come veri patrimoni dell’umanità.

Tra le lavorazioni più antiche ed autentiche della civiltà contadina, purtroppo sempre più rare, è l’arte di realizzare a mano cesti e panieri, i famosi “panari salentini”.

Il panaràru realizzava così i cesti dal manico arcuato utilizzati per la raccolta dei frutti della terra – i “panari” – e le “còfine” o “còfane”, più grandi, utilizzate per il trasporto degli stessi.Come vengono realizzati i panari salentini.

La comunità contadina vive in perfetta simbiosi con il suo ambiente e sa impiegare con massimo profitto – e altrettanto rispetto – le materie prime che Madre Natura mette a disposizione; in Salento le canne, il giunco, il restinco, l’ulivo selvatico, il mirto e le altre essenze della macchia mediterranea crescono rigogliose, in differenti ambienti.

La canna comune (Arundo donax L., 1753) o canna domestica è una pianta erbacea perenne e dal fusto lungo, cavo e robusto; cresce in terreni umidi o acquitrinosi, lungo gli argini di fiumi, stagni e canali, sui margini di campi coltivati e sulle dune sabbiose, anche vicino al mare.

È una pianta antichissima; da millenni gli abitanti della penisola salentina hanno imparato ad apprezzarne le qualità e la lavorano per ottenere prodotti di ogni genere: dai “cannizzi”, le stuoie su cui si fanno essiccare pomodori e fichi, ai giochi per i bambini, dagli strumenti musicali ai contenitori.

Come nascono i panari

Per produrre i panari si comincia proprio dalla raccolta delle canne; l’esperienza del panararu lo guida nella selezione dei materiali.

Il trattamento delle materie prime passa poi per una serie di tecniche specifiche: bollitura, essiccazione, levigatura, taglio, eventuale coloritura naturale, conservazione e, infine, l’intreccio vero e proprio.

L’intreccio comincia legando alcuni segmenti duri di ramoscelli d’ulivo – i vinchi -, attorno ai quali si fanno scorrere alcuni cerchi concentrici di vinchi; la struttura viene poi rivestita da diversi strati di canne intrecciate; infine si formano orlo e manico riprendendo e fissando tra loro i vinchi.

La lavorazione, ancora oggi completamente manuale, richiede maestria, forza e pazienza.

Se un tempo i panari salentini erano di uso universale, oggi hanno assunto maggiormente una funzione decorativa e la tecnica dei panarari è usata dagli artigiani anche per produrre accessori d’abbigliamento e complementi d’arredo: una tradizione che si aggiorna senza perdere identità.

Oggi trovare un panaro fatto a mano richiede un po’ di ricerca, magari partendo dai mercatini nell’entroterra della penisola salentina: porterete così a casa un pezzetto di Salento, un oggetto che reca con sè la bellezza e la tradizione di una terra meravigliosa.