Lo Scapece di Gallipoli: tradizione e gusto dalla Perla dello Ionio

Lo Scapece di Gallipoli: tradizione e gusto dalla Perla dello Ionio

Staff Corte del Salento Staff Corte del Salento 27 Febbraio 2017 Salento & Dintorni

 

Lo scapece, infatti, affonda le proprie origini nel periodo durante il quale le coste del Salento erano preda di scorrerie ed assedi continui: per scongiurare la fame, i cittadini necessitavano di pietanze che costassero poco e che riunivano ingredienti facilmente reperibili in loco ed in grado di conservarsi anche per molto tempo. Ma vediamo in cosa consiste questa pietanza tipica del Salento.

Storia e caratteristiche dello scapece gallipolino

Lo scapece è da ricollegare al tempo in cui ci fu uno dei lunghi assedi che caratterizzarono il periodo compreso fra il Medioevo ed il XVI secolo. A quel tempo, le città costiere del Salento, tra cui Gallipoli, divennero preda di sempre più numerosi assedi portati dai Saraceni e da altri popoli che vivevano sulle coste del Mediterraneo.

L’unica maniera per affrontare la fame durante quei periodi, era rifornirsi di cibo ed escogitare metodi utili a conservare le scorte alimentari. Nella pietanza tipica gallipolina non poteva mancare il pesce, abbondantissimo nei mari che circondano la città. E proprio il pesce costituisce l’ingrediente principe della ricetta: generalmente vengono impiegati boghe e zerri, pesci di piccole dimensioni che non superano i 15/20 centimetri e che, essendo poco pregiati, non presentano un prezzo elevato.

Il pesce viene fritto, quindi viene fatto marinare tra alcuni strati di mollica di pane all’interno di recipienti chiamati, nel dialetto locale, calette. La mollica di pane utilizzata per ricoprire il pesce viene imbevuta con aceto e zafferano e proprio quest’ultimo ingrediente costituisce la ragione per cui la pietanza presenta il caratteristico colore giallo. Il pesce impiegato nella variante gallipolina dello scapece non viene pulito prima di essere fritto, considerate le dimensioni assai ridotte delle specie impiegate.

La preparazione dello Scapece

Come anticipato, la lisca e le interiora del pesce non vengono eliminate. La lisca, in particolare, si ammorbidisce e diventa commestibile proprio grazie alla marinatura in aceto. Oggigiorno esistono molte varianti dello scapece gallipolino, ognuno diverso l’uno dall’altro, per la tipologia di pesce utilizzata e per le modalità di preparazione.

Generalmente, il pesce appena fritto viene sistemato sul fondo della tinozza impiegata, formando strati alternati di pesce e mollica di pane. Ogni volta che si procede a disporre uno strato di mollica, prima la si bagna con dell’aceto nel quale è stato sciolto lo zafferano.

La mollica impiegata per la ricetta proviene dalle tipiche pagnotte salentine. Il pane viene prima privato della crosta, quindi viene tagliato a metà ed ogni pezzo viene strofinato su un particolare arnese definito “crattacasa“, una grattugia di grandi dimensioni e dotata di numerosi fori. Al termine della preparazione, dopo che ciascuna tinozza è stata colmata con gli ingredienti appena descritti, le stesse vengono sigillate mediante l’impiego di alcuni fogli di pellicola e tenute a riposare in ambienti refrigerati.

 

Fonte Immagine: www.laterradipuglia.it